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Buongiorno a tutti, felice Lunedì.

Solo qualche settimana fa sarei stata stravolta, per quell’antipatica di una sveglia, che suona sempre troppo presto. Per fortuna, sono una che si abitua – magari non subito – ai cambiamenti, senza fare troppe storie: devo alzarmi presto? Pazienza, va fatto. Ho passato giorni, quasi due settimane, a rischiare di scordarmi qualsiasi cosa, ho sfiorato un tamponamento, corso il rischio di investire un pedone; insomma stavo un favola. Attualmente mi sveglio anche prima della suoneria sullo smartphone che indica il momento in cui devo alzarmi, questo vantaggio temporale me ne dà uno psicologico: mi sono svegliata prima io, tiè. Per me svegliarmi e avere ancora qualche minuto da passare a letto, è importante dal punto di vista del cervello che ha il tempo di attivarsi. Poi, giù dal letto e dopo la doccia, sono già perfettamente pronta per affrontare la giornata.

Ho smesso di scrivere sul blog, dopo la millesima volta che avevo ripreso. Stavolta avevo intenzioni serissime quando ero ripartita, ero contenta di essere tornata a postare con una certa regolarità. Poi, un giorno, mi scrive la mia amica su Whatsapp, mandandomi la foto del mio profilo Facebook scrivendo “ti ho trovata”. Dopo due anni, tempo dal quale è a conoscenza del fatto che avevo un account ma non le dicevo quale nome utilizzavo, capita che le ho inviato una mia foto per farle vedere cosa può fare l’app Prisma, mi piaceva così tanto quella foto che l’ho messa come profilo sul social blu. Il giorno dopo, il mio profilo è comparso tra i suggeriti dei miei contatti, tra cui la mia amica, che gentilmente me lo ha segnalato. Prima di essere stata scovata, avevo il profilo pubblico, ogni contenuto che pubblicavo poteva essere letto da chiunque mi trovasse, ora ho messo tutto condiviso solo con amici. Non avendo nome e cognome non m’importava chi vedesse, non ho niente da tenere nascosto. Però no, amici, familiari e gente curiosa che mi conosce proprio no, non voglio si facciano i fatti miei. Sul blog, come Vi ho già raccontato, sono sincera e vera: non mi interessa fare numeri, non ho nulla da dimostrare, voglio solo raccontarmi in tutta semplicità per condividere le mie esperienze con Voi. Non ho piacere che le mie cognate leggano delle mie emozioni che provo il primo giorno di asilo di mio figlio, non voglio che gente impicciona legga di come passo le giornate, di quel che faccio coi miei figli, di che cosa provo dentro di me. Sono spesso una persona chiusa, all’apparenza posso sembrare snob, in realtà sono timida e secondariamente sono diventata selettiva: regalo il cuore a chi per me è una bella persona, a chi mi dice qualcosa ad una prima impressione, vivo molto di sensazioni, e non sbaglio quasi mai.

Le sensazioni: che bello essere presi da queste, condotti chissà dove; farsi trasportare fino a stare male, ma gioire di questo, perché è un po’ il sale della vita. In quest’ultimo periodo sono stata letteralmente travolta, avevo l’impressione di essere stata messa sotto da un treno lanciato a velocità folle, ma non m’importava, la gioia che provavo è indescrivibile. Un misto di emozioni mi prendeva allo stomaco, e dentro fino all’anima, mi vedevo come una preda nelle fauci di un coccodrillo, sballottata qua e là mentre pezzi di carne iniziano a lacerarsi. Ma il dolore non lo avvertivo, ero piena di un’ideale morfina, sembravo come sotto anestesia: sentivo, ma non percepivo il dolore. Rimaneva solo il bello, il dolce, la parte emozionante. Per circa una settimana ho mangiato pochissimo, avevo una sorta di repulsione verso qualsiasi cibo cercavo di portare alla bocca: era un gesto involontario, ho mangiato quel poco che riuscivo, sforzandomi. Ho perso alcuni kili, che già ne ho pochi di mio, e alla fine sono stata male. Male di bene, mi verrebbe da dire. Però quel lunedì mattina volevo andare al pronto soccorso, mi sentivo mancare, ero talmente debole che non sono riuscita ad alzarmi dal letto per metà giornata. Passato il brutto momento, dopo aver ricevuto una consulenza da chi mi ha vista davvero male, dopo aver fatto chiarezza, dopo essermi presa integratori e simili, ho trovato il mio equilibrio. Per fortuna ora sono tornata in splendida forma!

Ho avuto anche alcune preoccupazioni, i miei soliti problemi grassi, perché come avevo raccontato Principe se n’è andato verso la sua vita, frequentando l’asilo. La mia Principessa d’oro è stata catapultata in un mondo a lei completamente sconosciuto, nuovi volti e nuove regole, nuovi orari. Ha iniziato la scuola primaria, che mi ostino a chiamare “le elementari”, e all’inizio credo per lei sia stata davvero dura. Io, di riflesso, ho vissuto le sue piccole preoccupazioni, ingigantendole, e anche questo mi aveva creato parte dei problemi di cui sopra. Sono stata una sciocca, una mamma troppo apprensiva, che ha creduto che sua figlia non ce la facesse. Brutto da dire così, ma lei è fondamentalmente una persona delicata, la conosco e sono certa che ha passato momenti di sconforto nei primi giorni; le insegnanti me ne hanno dato conferma. Poi ho capito, mi sono tranquillizzata, tutti ci siamo passati e lei sa essere anche forte, e ora dopo tre settimane va decisamente meglio.

Ho scoperto, in questa nuova scuola, un lato bellissimo dell’insegnare. Esco da un’esperienza di asilo per me traumatica e deleteria, dove secondo la mia opinione Principessa è stata rovinata, con due maestre che, detto terra terra, non avevano voglia di fare molto di più del minimo indispensabile, una in particolare sembrava essere lì solo per avere uno stipendio alla fine del mese. Sono fermamente convinta che, chi lavora a contatto coi bambini, deve essere spinto da forte motivazione e passione per quel lavoro, deve amare i bambini, deve metterci l’anima in quel che fa. L’operaio in fabbrica, se monta dei pezzi mentre è di malumore o svogliato, in linea di massima non inciderà sulla vita di nessuno. L’insegnate che è di malumore, svogliata, che non è in grado di appassionare i suoi piccoli sta, oltre che sprecando il suo tempo, creando un danno ai bimbi: facendo poco, facendolo male, lasciando i bambini senza regole. Un disastro, insomma.

Alla scuola è cambiato tutto. Già dai primi giorni ho notato una particolare attenzione delle maestre verso la mia cucciola, che aveva mostrato qualche segno di disorientamento e espresso la mancanza della mamma. L’hanno sempre consolata, me lo hanno riferito aggiungendo “guardi che è normale!” oppure “è passata subito” o ancora “non si preoccupi”. Questo dirmi di non preoccuparmi, detto sinceramente e col cuore, mi ha fatta stare davvero tranquilla. Ogni mattina, quando la accompagno, non vuole entrare da sola. Senza che io abbia mai detto o chiesto nulla, appena arriviamo sulla porta e qualcuna delle sue insegnanti o i collaboratori scolastici ci vedono, mi prendono Principessa per mano e la portano dentro l’istituto, mentre tutti aspettano di salire. Questo semplice gesto mi ha toccato profondamente, mi ha fatto capire che esistono ancora persone che fanno il loro lavoro con passione, che sono persone attente, nonostante tutto quello che hanno da fare, nonostante non ci sia solo mia figlia. Oltre al livello didattico, si parla di livello umano, ultimamente spesso lasciato da parte da certi professionisti, quando ci troviamo davanti persone fredde e insensibili. Dopo tre settimane di tante piccole azioni, ho deciso di scrivere una lettera a queste persone. Ci pensavo già da qualche giorno, a dire il vero, poi non volevo sembrare la mamma che appena arrivata già si fa riconoscere, non volevo passare per quella che cerca di ingraziarsi gli insegnanti per far dare bei voti alla figlia o assicurarle trattamenti di favore.

Infine ci ho pensato bene e ho deciso: sì, meritano una lettera di apprezzamento e riconoscimento per quello che fanno, e che magari non sarebbero tenuti a fare. Complice il fatto che non avevo il pc, ho scelto di scrivere a mano, anche perché una lettera stampata dal computer sembra troppo impersonale, fredda. Ho scritto sull’onda delle emozioni, anche un po’ preoccupata di fare errori ortografici – sai che figure, con le insegnanti – ma sono stata sincera e diretta, dicendo loro cosa pensavo di quel che fanno e mi hanno espresso, ho raccontato le mie sensazioni ed emozioni. Ho dato la lettera a mia figlia e mi sono assicurata che la desse all’insegnante una volta in classe. Mi ritorna al pomeriggio con un biglietto, che sinceramente non mi aspettavo, dove le maestre mi ringraziano per le parole, mettendomi questa bellissima citazione “insegnare è toccare una vita per sempre”.

Di preciso non so perché ho scritto quella lettera, ma nella vita ci sono delle occasioni in cui sento tantissimo di dover fare una cosa, scrivere a una persona o dire quel che provo. Ci penso continuamente, mi prendono forti sensazioni e, finché non faccio quello che ho in mente, rimango inquieta. Lo stesso pomeriggio ho accompagnato Principessa a un corso, e vedo una delle sue insegnanti. Non ci penso alla lettera, ci salutiamo da lontano e vado avanti a pensare ai fatti miei. Ad un certo punto, mentre esce, mi si avvicina e mi dice <<Grazie per la lettera, mi sono commossa davvero…>> Io ero un po’ in imbarazzo, a dire il vero lo ero molto, e farfuglio qualcosa quando lei riprende <<sa, quando qualcuno apprezza quello che facciamo, anche dal punto di vista umano… – e si mette una mano sul cuore – a noi fa tanto piacere. Grazie, grazie mille.>> Io ho replicato qualcosa, che non ricordo, perché lei è andata subito fuori. Insomma, riesco ad esprimermi meglio quando scrivo, che a parole. Mi ha resa molto felice sapere che le mie parole, sincere e di cuore, siano state ben apprezzate. Quello che volevo dirVi con questa ultima parte è: se volete dire qualcosa a qualcuno, diteglielo! Se volete far sapere a qualcuno che ci tenete o gli volete bene, fatelo! Non aspettate, prendete le care e vecchie carta e penna e scrivete, scrivete col cuore, facendoVi trasportare dalle emozioni. È sempre la cosa giusta.

 

A presto, Francesca.